Dylan Thomas

Visione e preghiera

e altre poesie scelte

Testo originale a fronte

A cura di Tommaso Di Dio

 

pp. 232, euro 27

 

Quarta

Una volta era il colore del dire
il più brutto lato della collina inzuppava il mio tavolo
con un campo rovesciato dove immobile stava una scuola
e un bianco e nero rattoppo di ragazze cresceva giocando.
Io devo disfare l’amabile scivolo marino del dire
affinché tutti gli annegati per incanto risorgano per far cantare il gallo e uccidere.
Quando marinando la scuola fischiettavo con i ragazzi nel parco
dove di notte lapidavamo i freddi e gli stupidi
amanti nello sporco dei loro letti di foglie,
l’ombra dei loro alberi era una parola di molte ombre
e per il povero, nel buio, era una lampada di fulmini.
Adesso il mio dire sarà il mio disfacimento e ogni pietra
sarà srotolata come un mulinello.


Risvolto

La poesia di Dylan Thomas, a distanza di settant’anni dalla morte, non smette di ossessionare poeti, lettori e appassionati di tutto il mondo. La potenza visionaria della sua scrittura, che sembra imbrigliare – in una lingua fra le più virtuosistiche e musicali che l’inglese abbia mai conosciuto – le forze telluriche della natura e quelle psichiche, i movimenti dello zodiaco e i desideri più intimi del corpo, torna ora in una nuova traduzione in lingua italiana, con una selezione di testi disposti in ordine cronologico, così da permettere al lettore di seguire il cammino evolutivo dello stile di Thomas, in una sorta di diario che si svolge poesia dopo poesia. Il volume presenta il percorso dell’autore  fin dai testi della giovinezza, scritti poco dopo i vent’anni sui suoi preziosissimi taccuini, passando attraverso i primi capolavori come And death shall have no dominion e le poesie che testimoniano la tragedia dei bombardamenti su Londra (come Ceremony after a fire raid o il celebre poemetto visivo di dolore e rinascita Vision and prayer), per approdare ai capolavori sinfonici e pastorali della maturità, come Fern Hill e Author’s prologue. Ogni poesia di Thomas è abitata dal desiderio inesausto di una vita più intensa, in cui morte e vita, tenebra e luce si stringono in un circuito senza fine: «La mia arca canta nel sole/ alla velocità di Dio alla fine di un’estate/ E il diluvio, ora, fiorisce».

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